PASHUT HA'OR, la Pelle come PESHAT

di Elisabetta Hana Levo

pelleLa Dermatologia viene considerata usualmente branca assai complessa della Medicina. Le lesioni cutanee, infatti, paiono al profano quasi del tutto identiche fra di loro e di assai difficile decifrazione.

Prenderemo spunto, come sempre, dall’analisi del testo: in questo caso la nostra indagine partirà dalla parashah Tazrià, (Vaiqrà,12, 13) all’interno della quale sono descritti, talaltro con una buona accuratezza, stati patologici cutanei.

PELLE, CUTE, EPIDERMIDE, OR עור (con la ayn ע): quel sottile velo che avvolge il corpo umano, ne delimita i confini, funge da finestra verso il mondo esterno.

Nel testo si parla di tzaraath, termine che viene spesso tradotto impropriamente come “lebbra”; ma, benché all’interno del testo siano elencate le lesioni elementari polimorfe di una generica “lebbra”, non si tratta certamente – o non si tratta solamente- del Morbo di Hansen tradizionalmente conosciuto.

Leggiamo di sapaHat, baherèt, mispaHat, tzaleqèt, neteq: termini di incerta traduzione, che potremmo, esaminando con attenzione ogni singolo termine, ipotizzare quali lesioni elementari primarie e secondarie: combinandole, arriviamo ad impetigine, macchie cutanee semplici, esantemi,cicatrici, tigna del cuoio capelluto; esse, tramite una semeiotica obiettiva, condurranno il Cohen, preposto alla tutela della comunità,attraverso follow up successivi, alla determinazione dello stato di purità e/o impurità.

L’individuo affetto da una negà, una piaga, cioè una patologia cutanea, viene condotto dinanzi al Cohen, che lo pone, come diremmo oggi, “in osservazione”: dopo ripetute osservazioni, può essere dichiarato affetto da tzaraath, quindi tamè, impuro, cioè “appartato” , oppure tahor , puro, guarito.

Un apparente paradosso ci balza all’occhio al ver-setto 13: il Cohen dichiara guarito, in contraddizione a tutto ciò che viene detto nei versetti precedenti, cullò hafach lavan, il tutto diventato bianco; nei ver-setti precedenti, infatti, livelli diversi di “bianco” decretavano l’impurità dell’individuo. Al versetto 13, invece. il “tutto diventato bianco”, paradossal-mente, viene dichiarato puro. Mi piace pensare che si tratti di Vitiligine, una delle patologie dermato-logiche di più difficile cura – difficile, mai impossibile, nell’arte della medicina tutto, nei limiti, è possibile, più altamente simboliche, più misteriose; immagino come, a quei tempi, potesse essere visto questo individuo  a chiazze, che progressivamente si va bianchizzando, su di una pelle liscia, apparentemente, tranne che nell’innaturale colore, così simile alla cute normale.

Sappiamo che nei giorni che vanno da Rosh haShana a Kippur, anche il Sefer si veste di bianco: ecco, il percorso dell’affetto da Vitiligo già di per sé stesso, nel suo progressivo “volgersi in bianco” potrebbe già di per sé essere considerato espiatorio.

 Le leggi mishniche concernenti la Tzaraath appartengono all’Ordine Terahot, trattato Negaim. Non è certamente questa la sede per soffermarci minuziosamente su di esse, benché estremamente interessanti .

Ma….. al di là dell’obiettività e dell’accuratezza diagnostica che si desume dal testo, vorrei entrare pian piano dentro altri livelli di significato .

“Quali significati?” domanderete voi. La Pelle è direttamente visibile.

Infatti.

Come il testo presenta simultaneamente diversi livelli di interpretazione, così ogni situazione patologica, ed, in estensione, ogni situazione della vita stessa, può in tal guisa essere decodificata.

Qualsiasi medico discretamente abile sa fare diagnosi. Dalle lesioni elementari, tramite l’osservazione e l’evolutività, il prodotto c.d. finale sarà la diagnosi ed i provvedimenti successivi. Ken, beseder: un percorso di diagnosi e cura.

Quindi la Pelle è PESHAT: significato letterale, diagnosi descrittiva.

Ma, attenzione! Attraverso l’osservazione della pelle, al giorno d’oggi, è possibile diagnosticare patologie internistiche e “mali dell’anima”. Anche qui, si parte dal Peshat per giungere, step dopo step, all’interno. Oserei dire: l’Interno più interno che esista, ovvero l’Interiore.

  1. La Pelle è direttamente visibile, osservabile, tangibile, leggibile: è un PESHAT (significato letterale)

  2. La Pelle è allegorica, simbolica, allude : è un REMEZ (senso allusivo)

  3. La Pelle spiega, e si fa spiegare attraverso regole: è un DERASH (significato esegetico)

  4. La Pelle è misteriosa, evoca il profondo e l’inconscio : è un SOD (significato esoterico)

Partendo dal semplice : Pelle è OR, עור , con la ע Ayn; mutando ע Ayn in א Alef abbiamo OR, אור , che è Luce ; ed è la struttura evolutiva stessa dei foglietti embrionali a fornirci una chiave di interpretazione. Se l’ENDODERMA; il foglietto primordiale più antico, darà origine agli organi degli apparati Respiratorio e Gastroenterico, organi recettivi indispensabili per la vita, ed il MESODERMA all’apparato Osteoarticolare, ciò che ci sorregge, non a caso, la cute deriva dall’ECTODERMA, il foglietto embrionale più recente, e l’ectoderma racchiude in sé ciò che diverrà, nell’essere compiuto , Cute e Sistema Nervoso Centrale, organi discriminativi per eccellenza, legati al riconoscimento ed alla valutazione di pericolo rispetto a ciò che giunge dal mondo delle relazioni interpersonali e sociali.

עור

אור

Per cui עור non è altro che una qlippah della אור : un guscio. Un Finito, o meglio Definito, che racchiude in sé un Infinito.

Cito un passo del prof. Roberto Bassi, primario emerito di Dermatologia a Venezia, ebreo osservante e psicosomatista insigne: “ La pelle ci permette di inviare al mondo esterno un messaggio senza bisogno di molte parole; paragonata ad un’ulcera gastrica, è come un fumetto rispetto ad un saggio: è di più facile ed immediata comprensione”

Aggiungo: la Pelle è come il disegno di un bambino: lui non riesce, o non vuole, o non ha nemmeno la consapevolezza, ad esprimere le proprie emozioni. Ma i colori, lo spazio simbolico, i tratti del suo disegno, parlano per lui.

Volevo soffermarmi su due termini: messaggio, parole. E’ interessante notare come la Lashon haRa, la maldicenza, venga punita con la tzaraath, la malattia della pelle; citiamo l’episodio di Miriam, che “parlò male” di Moshe Rebbenu. Che cosa successe?! Dopo il necessario isolamento, Moshè stesso chiese a D-O: “ Signore, deh! Risanala!!!”

Quindi: parola, senso di colpa inespresso ma visibile sulla pelle ( un’orticaria?) , percorso di autoanalisi e comprensione di sé, perdono,- che non è solo eterologo, ovvero perdono da parte dell’altro, ma auto-logo, perdono del sé – , guarigione.

E, se andiamo a ben vedere, al versetto 45 leggiamo: VeTamè, tamè, iqrà!: sarà il colpito stesso da tzaraah a dover gridare ( gridare, notiamo! Usiamo la radice verbale qarà, non amàr, o dabèr, quindi, dire a voce alta, non dire solamente, o parlare!) “Impuro! Im-puro!” la radice verbale qarà, inoltre, significa “leggere ad alta voce”: quindi leggo la mia pelle, e ne urlo l’impurità.

Davanti ad un paziente dermatologico , quindi, al di là dell’osservazione diretta, devo porre attenzione alla simbologia; e, in un’ottica di impaccio alla comunicazione verbale, devo porre attenzione al non detto , all’alluso, che mi conduce, attraverso regole che io stesso, terapeuta, codifico e decodifico, al profondo.

Quindi: LA MIA PELLE URLA QUEL CHE LA MIA VOCE NON RIESCE A DIRE

Grazie per la bontà di avermi letto ed ascoltato.

BIBLIOGRAFIA

Bassi, R: Introduzione alla dermatologia psicosomatica. PICCIN, ,1977
Zina, G: Elementi di dermatologia e venereologia. MINERVA MEDICA, 1981
Cosmacini, G: Medicina e mondo Ebraico. LATERZA, 2001
Fantini, M, Gentile, A: Come un guscio la Pelle. ANANKE,2004
Vidal, C: Il medico di Sefarad. TEA, 2008
Green A: Queste sono le Parole. GIUNTINA; 2002
Cipriani, H: Cammina davanti a me. L’EPOS, 2010
Pentateuco ed Haftaroth, traduzione di rav Dario Disegni z’l’
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