Sceglierai la vita! Resurrezione ed immortalità


di Shazarahel

Filled with nostalgia for days gone by

 

 “Vedi, oggi pongo davanti a te la vita e la morte, la benedizione e la maledizione… tu sceglierai la vita” (Deuteronomio, 30.15)

Sceglierai la vita!”

La scelta della vita rispetto alla morte è un ritornello che ritorna spesso nel testo sacro della Bibbia.

Secondo la Torah dunque la vita è una scelta.

Anche se tutto ciò che vive muore, anche se tutto ciò che esiste ha un inizio ed una fine, e anche se la morte fa parte della vita, noi siamo fatti per la vita, ogni cosa nell’essere umano aspira a vivere. E non solo l’essere umano, ma tutto ciò che vive lotta fino all’ultimo respiro per la propria sopravvivenza. Come le teorie darwiniane hanno ampiamente dimostrato, in tutte le speci viventi, comprese quelle inferiori, esiste un invincibile istinto alla sopravvivenza, una forza che spinge alla vita, un istinto di conservazione che fa evitare i pericoli e sfuggire la morte. Basti vedere gli animali con quanta attenzione tentino di sfuggire ai loro predatori. In natura esiste un’indubbia lotta per la vita. La morte viene “naturalmente” respinta.

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Tuttavia l’unica creatura a prendere atto della morte, e ad interrogarsi su di essa, è l’uomo. L’uomo è anche l’unica specie vivente che, fin dalle origini più remote, seppellisce i cadaveri e crea un culto attorno ai morti.

Nella nostra cultura non si parla più della morte, e quando se ne parla, si tenta in mille modi di esorcizzarla…cerchiamo di allontanare la sua inquietante realtà o dimenticandola, o banalizandola, o cercando di rendercela desiderabile.

Nella nostra cultura materialista, la morte è uno scandalo e un argomento tabù. Il razionaliz-zarla ce la rende meno indolore. Chi poi ha la consolazione della fede, la vive in maniera ancora meno traumatica.

images-1 copiaTuttavia la morte, quando ci tocca da vicino o quando ci porta via le persone che amiamo, rimane un dramma umano dinanzi al quale tutte le risposte, razionali o spirituali, cadono. Perdere una persona amata ci lascia nello sgomento. La separazione, il disfacimento dell’involucro corporeo, la sparizione, la perduta possibilità di comunicare con la persona amata, sono elementi legati alla morte che l’essere umano, da sempre, vive con grande angoscia. Malgrado il morire sia un evento naturale ed inevitabile, non ci siamo ancora abituati a morire né a veder morire coloro che amiamo.

Se moriamo, e tutto ciò che avremo fatto si perderà nel nulla, perché faticare tanto? Soltanto per lasciare qualche debole traccia in questo mondo, sperando di continuare a vivere nel ricordo di qualcuno? E quando quel “qualcuno” che ci trattiene come frammento della propria memoria morirà a sua volta, cosa resterà di noi e di ciò che siamo stati?

L’uomo vuole vivere, e questo dimostra che egli è fatto per vivere eternamente; e se è vero che ci sono persone che decidono di uccidersi è perché semplicemente non hanno trovato le risposte alle domande appena formulate.

Nessuno vuole morire, né tanto meno vuol veder morire le persone amate, anche qualora le credenze religiose offrano il conforto di una vita ultraterrena in un paradiso.

Per questa ragione, l’essere umano da sempre ha lottato per sconfiggere le malattie, le prove e tutte le cause di sofferenza, aspirando naturalmente ad un bene sempre maggiore. E per questa ragione l’idea d’immortalità dell’anima è antica quanto l’umanità stessa. L’essere umano non può accettare la morte, fonte di grande tormento per i più grandi pensatori di tutti i tempi.

La speranza della vita dopo la morte è antica quanto l’uomo: da sempre, in ogni civiltà e cultura, l’uomo ha cercato di dare una spiegazione alla morte, relegando la continuità della vita oltre la sfera del tempo e dello spazio reale.

La morte cos’è?

Ma la morte cos’è esattamente? O meglio, cosa intendiamo per “morte”?

Secondo le religioni, la morte concerne il corpo, mentre l’anima è eterna ed immortale.


Secondo la scienza, la morte è un evento fisico che comporta la dissoluzione degli elementi chimici; la morte è de-composizione, cioè scomposizione organica…

Tutti i cicli della natura sono una perenne composizione, scomposizione e ricomposizione degli stessi elementi di base. La morte è l’agente mutante che consente i cicli di perenne rinnovamento, mediante un riciclaggio continuo della materia.

Tuttavia la scienza stessa oggi ci dimostra che gli elementi chimici che compongono la materia, nostro corpo compreso, sono eterni.

I minerali e gli altri atomi che in passato costituivano i tessuti dei nostri antenati fanno ora parte del mondo che ci circonda. e, di sicuro, sono presenti anche all’interno del nostro corpo.

 

[…] prendendo un individuo a caso vissuto circa 2000 anni fa, poniamo Giulio Cesare, è praticamente certo che almeno uno dei 15 miliardi di miliardi di miliardi di atomi che costituivano il suo corpo sia ora presente nell’aria che inaliamo ogni giorno, o nell’acqua che beviamo. Il che, moltiplicato per i miliardi di persone vissute sul nostro pianeta in passato, rende l’idea del fatto che una grandissima parte degli atomi che costituiscono la materia vivente (piante, animali, uomini) sono già, e molte volte, “passati” all’interno di un corpo umano.1

Tolta l’acqua, che costituisce il 90 per cento dell’organismo, un corpo umano è formato da soli 3 kg di minerali, di cui ben 2 di solo calcio.

Una volta compiuto il processo di decomposizione organica, ecco cosa resta di un uomo:

2kg calcio

1kg fosforo

115/131g potassio

83/97g sodio

20/28g magnesio

3/5g ferro

2/3g zinco

100/150mg rame

20/50mg iodio

fluoro

manganese

cromo

selenio

molibdeno

 

Affinché un corpo torni ad essere un mucchio di atomi, le ossa impiegano mediamente quasi 100 anni per polverizzarsi. Il processo di decomposizione e disgregazione è lungo e graduale.

Le attuali conoscenze scientifiche sarebbero dunque in accordo con quanto già postulato dalla Bibbia qualche migliaio di anni fa:

“polvere sei e in polvere ritornerai”

La Torah ci dice che D’ creò l’uomo dalla polvere del suolo. Il termine stesso con cui viene designato l’uomo, Adam, deriva infatti dalla parola adamah, che indica propriamente il suolo, la terra.

Tuttavia, secondo il racconto biblico, la morte sarebbe una punizione per il peccato di aver trasgredito l’ordine divino che gli proibiva di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Scegliendo di avere accesso alla conoscenza del bene e del male prima del tempo, l’uomo entrò nella sfera della dualità, a cui appartengono i cicli di vita e di morte.

Secondo il racconto biblico, il primo uomo era immortale. Quando scelse di nutrirsi dell’albero della conoscenza del bene e del male, conobbe la morte. La punizione per questo peccato ancestrale, fu la scacciata dal paradiso terrestre e il divieto di accostarsi all’albero della Vita. Tuttavia i Maestri ci dicono che quest’albero della vita è la Torah. Col dono della Torah, l’uomo ha ricevuto il consenso divino di accostarsi e di nutrirsi dell’albero della Vita. La Torah contiene il segreto dell’esistenza.

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Afar miAdamah (polvere dal suolo), opera di Shazarahel, olio su tela 70×50 cm

Questa nostalgia di una condizione d’immortalità perduta, emerge a molti livelli nella natura umana.

La ritroviamo non solo nei racconti religiosi, ma anche nelle fiabe per bambini. Lo vediamo in fiabe classiche come , ad esempio, la bella addormentata nel bosco e Biancaneve e i sette nani.

Entrambe le protagoniste sono principesse che subiscono il sonno mortale come conseguenza di un incantesimo effetto di stregoneria, sonno dal quale potranno risvegliarsi grazie al bacio di un principe. L’idea che soggiace a questi modelli archetipi è che l’amore possa vincere la morte.

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Bella Addormentata

 

Nel primo caso si tratta di una principessa che subisce gli effetti di una maledizione pronunciata contro di lei da una strega malvagia: cadrà in un sonno mortale di 100 anni da cui potrà risvegliarsi solo grazie al bacio di un principe.

Nel secondo caso, vengono riesumati archetipi ancestrali, come il ricorso al morso alla mela avvelenata, rievocazione della Eva biblica che assaggia il frutto proibito. Nella fiaba la donna viene sedotta dal male, rappresentato dalla crudele matrigna che sostituisce il serpente biblico.

biancaneve incorrottaIn entrambi i casi, il fatto di cedere alla tentazione di assaggiare il frutto, la mela avvelenata che soddisfa i desideri, avrà come conseguenza la morte.

Biancaneve morta, o assopita nel sonno mortale prodotto dall’incantesimo, appare come incorrotta, sepolta in un’urna di cristallo che rende visibile la sua bellezza non deturpata dal flagello del disfacimento.

 

Il bacio del principe la riporterà in vita.


 

Elvis is alive!Rendere immortali i nostri miti, le nostre divinità e i nostri idoli è un modo per esorcizzare la nostra inquietante paura della morte.

Questa dinamica umana è così largamente diffusa che si verifica periodicamente nel corso della storia, prendendo di volta in volta sfumature diverse legate al contesto culturale che le ha prodotte.

Che si tratti di Gesù risorto dai morti, del Rebbe di Lubavich mai morto con cui tutti possono ancora comunicare, di Elvis Presley che vive nascosto o di Michael Jackson che molti fans testimoniano di vedere, ci troviamo dinanzi allo stesso fenomeno: non è possibile accettare la morte di una divinità o di un messia; se la morte ha annientato un immortale, l’idolo rimane un semplice mortale come noi tutti…e questo significa veder crollare in un solo istante tutta l’immensa impalcatura di speranze riposte in lui, e rimanere senza risposte ai quesiti che pensavamo aver definitivamente risolto.

 

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Alla credenza della resurrezione dobbiamo in gran parte il successo che il cristianesimo nei secoli ha esercitato sugli animi. Attorno a questa credenza centrale sono stati costruiti tutti gli altri dogmi, compreso quello della divinità del presunto Messia: se la morte è il limite estremo ed assoluto che nessun uomo può superare, chi ha il potere di risorgere deve possedere necessariamente una natura divina.

Questo è talmente vero che lo stesso Paolo di Tarso arrivò a definire vana la fede in Gesù nel caso in cui egli non fosse veramente risorto; bisogna inoltre ricordare che i primi cristiani erano convinti che non sarebbero morti e che, quando cominciarono a vedere che le persone continuavano a morire anche dopo al “resurrezione” del loro maestro, dovettero trovare una nuova spiegazione al fatto che la speranza ebraica della resurrezione dei morti non coincideva con la venuta del presunto Messia: non aveva promesso Gesù ai suoi discepoli che chi avrebbe creduto in lui non sarebbe morto come i padri nel deserto? Se lui era il Messia perché le persone continuavano a morire?

Tutti i dogmi cristiani si fondano sulla testimonianza di questo evento da parte di alcuni discepoli. La resurrezione dei morti infatti è una credenza profondamente radicata nel popolo ebraico ed è ancora oggi vista come l’evento più importante legato alla venuta del Messia. Il Messia atteso dagli ebrei dovrebbe essere colui che apporterà con sé la resurrezione dei morti e restituirà l’immortalità ai corpi umani. Rivelerà cioè la natura divina che si cela all’interno della materia. Nel caso della supposta resurrezione di Gesù, il Messia cristiano, invece, si tratterebbe tuttavia di una sua esperienza personale e non della sconfitta della morte, intesa come immortalità acquisita da tutti.

 

La credenza ebraica della resurrezione dei morti

L’ebraismo ha elaborato una concezione dell’immortalità meno spiritualistica di quella che ritroviamo nelle altre religioni, che prevede una resurrezione fisica dei morti.

Sebbene l’ebraismo abbia sviluppato una corrente esoterica nei circoli chiusi dei kabballisti che vede il mondo come un’immensa catena di vite che tornano e ritornano, come un riciclaggio di cicliche reincarnazioni delle stesse anime, ciò che più caratterizza il pensiero ebraico in materia di vita e di morte è tuttavia la credenza nella resurrezione dei morti.


L’idea di vita eterna e immortale è uno dei concetti più antichi dell’ebraismo. Ma non si tratta solo di una speranza che sarà premiata e colmata una volta varcato questo nostro mondo; si tratta dell’attesa di un evento che dovrà compiersi materialmente in questo universo fisico.

E l’aspetto “materialistico” di questa credenza è tale che la tradizione vi attribuisce un luogo terreno ben preciso: il profeta Zaccharia (Zac 14,4-9) annuncia che la resurrezione dei morti comincerà dal monte degli ulivi a Gerusalemme, dinanzi al Monte Moriah, dove verrà ricostruito il Terzo Tempio ad opera del Mashiah. In questo sito troviamo il cimitero più antico d’Israele, che include ben 150.000 tombe, fra cui alcune antichissime, risalenti al primo millennio avanti l’era volgare.

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Una delle esperienze più suggestive per il turista che visita Israele è indubbiamente il trovarsi in mezzo a un mare di tombe bianche dove i morti di religione ebraica attendono di risorgere.

La resurrezione dei morti costituisce uno dei 13 principi della fede ebraica stilati da Rambam, al quale ogni ebreo è tenuto ad aderire con assoluta certezza e convinzione. Chi non crede nella resurrezione, non crede nella potenza di D’ né alle sue promesse.

Per l’ebraismo la morte è un ostacolo temporaneo, destinato ad essere definitivamente abbattuto. La morte è una non-verità, una menzogna contro la quale l’uomo ha il dovere di lottare. Noi abbiamo il dovere di dominare e soggiogare tutte le forze ostili che si oppongono alla piena realizzazione del progetto divino che portiamo in noi, ivi compresa la morte. 
E questa non è astratta filosofia: Israele è il popolo che ha fatto più volte l’esperienza concreta della resurrezione dai morti; durante la sua difficile e lunga storia disseminata da continue persecuzioni e tentativi di sterminio, il popolo d’Israele ha dimostrato una forza di rigenerazione che non ha eguali nella storia del genere umano! La prova più recente è la rinascita di questo popolo nell’antica terra dei suoi padri a partire dalle ceneri della Shoah.
 Il popolo d’Israele continua a rinnovarsi con creatività per essere testimone vivente che la morte è un ostacolo che l’umanità imparerà a sconfiggere. Per l’ebraismo l’immortalità non è solo una credenza religiosa, ma il nostro futuro terreno. Non è utopia, ma paziente attesa del nostro destino.

Secondo il pensiero di Rav Kook, che si radica nella tradizione kabballistica e hassidica e negli scritti dei grandi Maestri dell’ebraismo che lo hanno preceduto, 
l’uomo aspira essenzialmente al Bene, la sua anima è attratta dall’infinito e intuisce le insondabili estensioni dell’eternità. La sua ricerca del Bene sarà possibile soltanto quando avrà raggiunto la libertà somma, sgombera dal peso ossessionante e alienante della sofferenza e della morte. 
L’aspirazione al Bene non è solo una caratteristica umana, ma è un anelito cosmico che coinvolge tutte le forme di vita animate e inanimate: tutto ciò che esiste in questo universo è animato da una costante esigenza di superamento e tensione verso il pieno perfezionamento, un processo di elevazione in perpetuo divenire…

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La paura della morte è alla base d’ogni nostra inquietudine esistenziale, è quella costante presenza in sordina che cerchiamo di annichilire buttandoci in un rumore di vita abbastanza forte per azzittirla. 
Secondo Rav Kook, in quanto negazione, fine e annientamento dell’essere, la morte è un’assurdità anti-divina che deve essere superata, non nell’aldilà ma in questo nostro mondo terreno. È l’incapacità di accogliere l’infinito a renderci mortali. La vita è una lotta contro la morte e l’uomo nato per la vita è chiamato a sconfiggerla in modo concreto. La morte è un difetto provvisorio all’interno della creazione al quale l’uomo prima o poi troverà rimedio, attraverso la conoscenza esoterica della mistica ebraica e la ricerca scientifica che sta ormai diventando sempre più pura metafisica…
È vero che la scienza è ancora ben lontana dal fornirci la formula matematica dell’eternità e che noi forse non saremo più qui per goderne; ma dobbiamo sapere che anche noi possiamo contribuire a questo processo universale di immortalità, imparando a sconfiggere in noi e negli altri le cause della morte sia fisica che spirituale: come combattiamo le malattie fisiche con terapie e medicine, così dobbiamo combattere le malattie dell’anima con le cure e i medicamenti appropriati che la Kabbalah ci fornisce.

La scienza studia come rendere immortale il corpo, la religione come rendere immortale l’anima. L’attenzione dell’uomo contemporaneo si è spostata sul corpo, sulla materia, sul qui e adesso. Nel mondo occidentale, influenzato dal pensiero greco, la materia viene spesso disprezzata come effimera, peritura, come prigione e gabbia dello spirito.

galaxy-express 999Appartengo ad una generazione alla quale altri modelli di immortalità sono stati proposti. Ricorderò sempre una puntata del cartone animato di fantascienza Galaxy Epress 999 che mi turbò fortemente e che mi rimase fortemente impresso per il resto della mia vita. Si tratta di quando Masai, il giovane protagonista della storia scritta da Leiji Matsumoto, in una tappa del suo viaggio intergalattico sbarca sul pianeta Andromeda, dove gli abitanti vivono eternamente, in quanto possiedono un corpo meccanico che può essere continuamente riparato o sostituito. Galaxy ExpressPlutone è un’immensa tomba planetaria dove i corpi umani, rimpiazzati dai corpi artificiali, sono incastonati nel ghiaccio. Masai è un ragazzo terrestre, appartenente alla casta dei poveri, i quali non avendo i mezzi per potersi permettere un corpo meccanico, sono mortali. Masai viaggia per l’universo alla ricerca di un trapianto in un corpo meccanico, per poter diventare immortale. Sbarcato su Andromeda, vedrà gli effetti negativi dell’immortalità: le persone muoiono di noia, ciondolano per le strade inerti, non lavorano e non studiano, vittime del tedio e dell’apatia. L’incontro con diversi androidi i quali rimpiangono la rinuncia alla loro umanità, lo convincono a voler restare mortale. Da bambina mi rimase molto più impresso il ricordo di queste immagini, piuttosto che il corpo addormentato della candida Biancaneve.

Si parla della fine degli anni ’70. I film e i racconti di fantascienza profetizzavano un avvenire lontano popolato di cyborg e di androidi. Oggi questo futuro ci sembra sempre più vicino, e quelle che erano semplici ipotesi fantascientifiche presto, molto prima di quanto immaginiamo, potrebbero diventare realtà.

5313-disabilita-chip-per-controllare-movimenti-col-pensiero-350Nuovi risultati in campo medico sulle neuroprotesi hanno già dato vita a diversi dispositivi che consentono un’interazione fra il cervello e la macchina. Queste interfacce cervello-macchina hanno la capacità di leggere l’attività neurale in tempo reale e di tradurre gli impulsi in comandi che la macchina può eseguire. I neuroscienziati stanno elaborando algoritmi sempre più complessi capaci di decifrare i segnali cerebrali.

Nel 2012, l’equipe di John Donoghue, dell’Università Brown del Massachusetts, ha mostrato che due pazienti paralizzati ed incapaci di comunicare, al quale erano stati impiantati dei microchip nel cervello, potevano inviare ordini ad un braccio robotico, effettuando tramite esso movimenti complessi, come afferrare oggetti.

Questi risultati consentono dunque a pazienti completamente paralizzati di comandare con il proprio cervello delle protesi meccaniche che consentono loro una certa riconquistata libertà di movimento. Gli apparecchi sono in progressiva via di perfezionamento. 2

Ciò di cui non parlano tuttavia questi scienziati è delle conseguenze che l’applicazione di queste tecnologie potrebbero avere sull’equilibrio degli ecosistemi. conseguenze che potrebbero essere catastrofiche se, parallelamente a questo progresso tecnico, non avverrà anche un progresso della coscienza umana. Se la scienza si occupa del corpo e della materia che lo compone, le antiche dottrine spirituali, veicolate all’interno delle diverse religioni, mostrano di avere una conoscenza della sfera intima e spirituale dell’essere umano, della sua natura divina. Solamente quando questi due tipi di conoscenza viaggeranno insieme e saranno reciprocamente integrate, restituendo una visione globale dell’uomo, troveremo la strada dell’autentica immortalità fisica e spirituale, che porterà come conseguenza il benessere e la felicità. Rendere immortale il corpo di un essere umano infelice o perverso, significherebbe soltanto prolungare indefinitivamente la sua agonia.

Non siamo ancora pronti per affrontare un cambiamento di questo tipo.

Questi tentativi di renderci immortali porteranno tuttavia i loro frutti. L’uomo con la decodificazione del DNA umano è sempre più prossimo al mistero della vita.

La morte è programmata nelle nostre cellule. Fa parte del progetto.

Ha dunque un senso ed una funzione all’interno del processo evolutivo. Dobbiamo varcare tappe fondamentali, prima di poter gestire l’immortalità fisica.

L’universo si fonda sulla legge del continuo e perpetuo mutamento, cambiamento.

Se l’immortalità sarà in potere di pochi potenti ricchi, presto si instarebbero delle caste, fra immortali e mortali.

personaggio cyborg Star TrekE se a detenere il dominio dell’immortalità fossero persone malvagie, saremmo dominati da eterni tiranni da cui neppure la morte ci libererà. I suicidi diventerebbero una forma di scelta della morte, in quanto non tutti saprebbero gestire la noia. Avendo a disposizione l’eternità, non avremmo più la morsa del tempo ristretto a spronarci ad agire.

Queste nuove tecnologie che promettono di rallentare l’invecchiamento fanno gola, in quanto annunciano ingenti guadagni ed una vera industria dell’eterna giovinezza che potrebbe fruttar fior di quattrini.

Se diventassimo immortali, le conseguenze sull’intero pianeta sarebbero immediate, gli ecosistemi sarebbero compromessi, la sovrappopolazione sarebbe tale da rendere immediatamente scarse le risorse alimentari.

La procreazione diventerebbe sempre più rara. La scarsità di riproduzione porterebbe inevitabilmente ad un minor uso della sessualità.

Avremmo bisogno dunque di persone capaci di alimentarsi in modo diverso, di ricaricarsi dell’energia necessaria al proprio metabolismo non attraverso il cibo, ingerendo altri esseri viventi. Persone evolute, persone che abbiano integrato il meglio delle virtù umane, persone di alto livello spirituale che sappiano rinnovarsi continuamente, flessibili ai cambiamenti, capaci di permanere in un costante stato di dinamico mutamento, senza aver bisogno dell’agente mutante per eccellenza costituito dalla morte.

1 Tratto da un articolo di Tom Antongini apparso sulla rivista Focus – autunno 2009.

2Jérémie Mattout, Cerveau & Psycho, marzo-aprile 2013. http://www.fasi.biz/it/news/tecnologie/5313-disabilita-chip-per-controllare-movimenti-col-pensiero.html

 

 

2 risposte a Sceglierai la vita! Resurrezione ed immortalità

  • Edith scrive:

    Trovo questo articolo molto stimolante ma ci sono alcune cose che non riesco a capire. Da un lato parli dell’anelito all’immortalità ed alla morte come ad una punizione, dall’altro introduci alcune riflessioni in merito a come potrebbe essere una società d’immortali, annoiati e disperati perchè privati della spinta che l’essere mortale conferisce al vivere. Penso che Eva abbia compiuto un gesto salvifico per la specie umana scegliendo la conoscenza del bene e del male piuttosto che l’immortalità, che noia deve essere stato l’Eden prima che Lei scegliesse di assumere la responsabilità di fare parte della creazione. D-o ci ha fatto partecipi della creazione chiedendoci di dare nome e l’atto creativo passa attraverso la nominazione, la parola nella nostra tradizione più che in qualunque altra. In che misura siamo simili a D-o? Cosa significa questa somiglianza? In che misura il nostro percorso nasce attraverso la scelta della consapevolezza fatta dalla nostra progenitrice piuttosto che dal giorno in cui fummo creati? Se è vero che abbiamo la conoscenza del bene e del male sta a noi scegliere, e se è così, piuttosto che l’immortalità personale non dovremmo occuparci dell’immortalità del progetto sublime della creazione attraverso l’esercizio del libero arbitrio in armonia con il bene? La ricerca dell’unione mistica che attraversa la nostra tradizione come le altre misura un’intenzione che non può prescindere da un esercizio, tale nella misura in cui include morte e vita. Quando parlo di esercizio intendo quello che scaturisce dalla dinamica di tensione tra immanente e trascendente evento che non è se escludiamo la nostra personale immanenza.
    La scienza, la fantascienza prima di lei, tendono all’immortalità del corpo perchè cercando di escludere il trascendente, nella misura in cui includono questa dimensione si aprono ad una ricerca nuova che poco ha a che fare con la meccanica degli androidi e molto di più con la possibilità immensa della nostra anima immortale, anima che non sarebbe tale se non abitasse un corpo che forse è già immortale. O lo puoi escludere assolutamente?

    • Rahel scrive:

      Shalom Edith,

      provo a risponderti, sebbene anch’io non sono sicura di aver capito esattamente la tua domanda. L’immortalità fisica che preceda l’illuminazione della coscienza umana, sarebbe una catastrofe, come ho tentato di descrivere. Se l’umanità non è pronta a fare questo passo, l’immortalità sarà un inferno!
      L’immortalità fisica sarà la conseguenza di un salto evoluzionistico in cui l’uomo avrà finalmente imparato a scegliere consapevolmente il bene.
      Ciò che ha fatto Eva è venuto indubbiamente a nostro favore, ci ha costretti a crescere e diventare responsabili delle nostre azioni, e il crescere include sostanzialmente la scelta della vita.
      Per quanto riguarda la dicotomia corpo-anima, che vede l’anima immortale e il corpo perituro, risente di tante forme di pensiero. L’ebraismo invece mette l’accento sulla materia, su questo mondo, sul qui-adesso, sulla realtà fisica della creazione che porta in se stessa la presenza divina e l’immortalità. La sconfitta della morte per la Torah è il vero progetto messianico che dobbiamo portare a compimento.

      Grazie del prezioso confronto

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