Israele in fiamme. Cronaca di un incendio

Non so se molti di voi siano al corrente che durante il mese di novembre scorso, Israele era in fiamme. Si parla di quasi 230 incendi in parte dolosi. Approfittando di condizioni climatiche favorevoli (clima secco, poiché da sette mesi non pioveva) e dei forti venti, sembrerebbe che alcuni terroristi abbiamo provocato degli incendi che rapidamente si sono estesi in ampie aree del paese, in città e villaggi.

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Le fiamme dell’inferno

Durante la notte di giovedì 24 novembre, l’incendio è arrivato anche da noi, il nostro Moshav è andato in fiamme. Siamo dovuti fuggire tutti in piena notte in pigiama, non abbiamo avuto tempo di prendere nulla. Siamo scappati a piedi con le bambine, il fumo ci stava soffocando… alcuni vicini ci hanno poi caricato in macchina con loro (eravamo 8 in macchina uno sull’altro). L’incendio in pochi secondi si è diramato ovunque a causa del fortissimo vento che lanciava scintille in tutte le direzioni. Le fiamme erano alte fino a 40 metri, a distanza di pochi secondi alberi secchi si accendevano da tutte le parti. Tutte le macchine erano bloccate fra le fiamme e non sapevamo se saremmo riusciti ad uscire vivi da quell’inferno, poiché il Moshav ha una sola uscita e il bosco tutto intorno. Abbiamo visto la morte davanti ai nostri occhi, siamo infine riusciti a passare tra le fiamme e a fuggire e metterci in salvo. Un incubo. A me ci è voluta una settimana intera per riprendermi dal trauma. B”H siamo tutti in vita.

Un dettaglio personale toccante: la sola cosa che mio marito ha preso con sé durante la fuga, è una copertina con cui coprire le nostre bambine. Quella coperta la fece ai ferri la zia che mi ha cresciuto. Il mattino dopo l’incendio, mentre prendevo atto di non avere più neppure lo spazzolino per lavarmi i denti, né un solo paio di calze, rimaneva stranamente la presenza dell’amore di quella donna che ho tanto amato, che ci avvolgeva con quella coperta che tante volte mi ha scaldata. Non sapevamo se la nostra casa fosse bruciata… nel caso fosse bruciata, pensavo che l’unica cosa che mi sarebbe rimasta al mondo di tutto quello che ho, sarebbe stata quella coperta.

 

Una catena di solidarietà

Pare che parte degli incendi siano dolosi. Questa sembrerebbe la nuova strategia di guerra di chi sogna di distruggere questo paese, soprannominata “Intifada del fuoco”. Eppure se penso che poche persone hanno dato fuoco ad un’intera nazione, vedo dall’altra parte che decine, centinaia di migliaia di altre persone si sono invece attivate per soccorrere noi sfollati. Una catena immensa di solidarietà e di mutuo soccorso si è attivata in poche ore.

Vorrei testimoniare che in questi momenti ci si trova avvolti dall’affetto e dal hèssed di tantissimi fratelli che mettono a disposizione la loro casa e i loro beni per soccorrere gli sfollati. Oltre 100.000 sfollati nel paese, diversi dei quali hanno perso tutto e non hanno più che i vestiti che avevano indosso. Vorrei ringraziare in modo particolare una mia amica che è venuta a trovarci portando con sè in dono alle nostre bimbe tanti bellissimi pupazzi e bambole fatti a mano dalla sua cara mamma.

Una lavanderia inoltre ci ha lavato gratis tutta la biancheria che avevamo in casa, completamente maleodorante a causa del fumo che è penetrato in tutti i pori della casa e degli armadi.

Qui potete vedere una piccola parte dei vestiti e beni di prima necessità inviataci da ogni parte d’Israele.

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La fede

Tornata al Moshav, sono andata a visitare i vicini che hanno perso la casa nell’incendio… la padrona della casa bruciata, con un grande sorriso mi ha detto: “Hakol tov” che significa: “Tutto è bene”. Allora ho aggiunto che effettivamente bisogna benedire D’ di averci salvati tutti dall’incendio. E lei mi ha corretta: “No, non solo perché siamo salvi. Tutto è bene! tutto quello che fa HaShem è buono. È stato tutto preciso”.

Altra lezione di vita che non dimenticherò mai.

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Altre due case sono bruciate completamente: le famiglie che le abitavano erano state sfrattate non molto tempo fa. E pensare che quelle due famiglie hanno dovuto abbandonare le loro case contro la loro volontà. E proprio quelle due case erano disabitate al momento dell’incendio!

 

 

 

 

2000 opere d’arte andate in fumo

Il nostro amico e vicino di casa, Yoram Ranaan, artista conosciuto, ha perduto tutto: il suo immenso studio è completamente bruciato e oltre 2000 dei suoi quadri, dipinti nell’arco di quarant’anni, sono andati in fumo. Eppure lui dice: “Ho accettato la situazione con fede piena. Bisogna andare avanti, questa è l’occasione di cominciare qualcosa di nuovo”. Grande artista, soprattutto grande tzadik.

http://www.ynet.co.il/articles/0,7340,L-4884671,00.html

 

Il Ritorno a casa

Ci stiamo riabbracciando tutti come scampati all’inferno. Ci diciamo l’un l’altro che malgrado il paese si stato in fiamme, siamo stati TUTTI risparmiati: 100.000 sfollati, 5000 case bruciate eppure nessun uomo è morto fra le fiamme.

 

Cause dell’incendio

Sono state accertate le cause dell’incendio del nostro Moshav: non si è trattato di un atto terroristico, ma è stato la conseguenza di un errore della polizia. La notte di giovedì 24 novembre, la polizia inseguiva due uomini che correvano verso il Moshav, probabilmente con l’intenzione di rubare (negli ultimi tempi abbiamo avuto diversi furti notturni). La polizia, inseguendo i due uomini in fuga, ha provocato un’esplosione che per errore ha incendiato un albero secco. A motivo del forte vento l’incendio in pochi minuti è divampato in tutto il bosco che circonda il Moshav.

http://www.ynet.co.il/articles/0,7340,L-4884437,00.html

 

Collaborazione fra vigili del fuoco israeliani e palestinesi

Il fuoco divora tutto ciò che incontra e non fa distinzioni di nazionalità e religione: le fiamme hanno raggiunto anche zone palestinesi. Sono stati evacuati non solo sionisti, ma anche arabi israeliani e arabi palestinesi. Inoltre la cosa più bella è che in tutto questo inferno, pompieri israeliani e pompieri palestinesi hanno collaborato per spegnere le fiamme. Il Primo Ministro Netanyahu ha pubblicamente ringraziato il Presidente palestinese Mahmoud Abbas per aver inviato per primo aiuti e soccorsi. Molte famiglie arabe hanno aperto le loro case per ospitare gli israeliani sfollati.

http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4884314,00.html

 

L’altra faccia della tragedia: l’amianto

il Ministero dell’Ambiente quattro giorni dopo l’incendio, aveva assicurato che i residenti del Moshav sarebbero potuti rientrare nelle loro case, poiché l’inquinamento provocato dall’amianto liberatosi durante l’incendio di diversi pollai abbandonati non costituiva più un pericolo per la salute. Le persone erano già rientrate così nelle loro case quando, dopo tre giorni, il Ministero dell’Ambiente ha ordinato a ben 28 famiglie di sgomberare nuovamente le loro case, poiché l’inquinamento atmosferico provocato dall’amianto bruciato, metteva in grave pericolo la salute dei residenti.

Si sono tutti indignati dalla mancanza di responsabilità delle istituzioni.

http://www.nrg.co.il/online/1/ART2/849/680.html

 

Trascuratezza e mancanza di responsabilità delle istituzioni

In alcune nazioni l’utilizzo dell’amianto è proibito per legge già da oltre 40 anni.

In Israele solamente il 28 marzo 2011 il Parlamento della Knesset ha adottato una legge che proibisce l’utilizzazione dell’amianto in tutte le forme e imporrebbe teoricamente obbligatorio il progressivo smaltimento dell’amianto friabile esistente nel corso dei prossimi dieci anni. Dico teoricamente perché nel nostro Moshav ci sono decine d’immensi pollai abbandonati da oltre 20 anni, pieni di sporcizia e di immondizia, ricoperti di amianto. Nessuno in 20 anni si è preoccupato di sgomberare questi capannoni immondi. Ed anche dopo l’incendio, sebbene confermato l’inquinamento dell’aria a motivo dell’incendio, le autorità competenti hanno preteso di la sola rimozione dell’amianto frantumatosi durante l’incendio, lasciando intatti tutti gli altri capannoni abbandonati che non sono stati bruciati.

Alcuni dei lavoratori inviati dal Ministero dell’Ambiente per la rimozione dell’amianto, lavoravano persino senza maschera.

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DOPO incendio

25 dicembre 2016. Festa di ringraziamento al Moshav.

Come hanno reagito gli abitanti del Moshav? Tutti, nessuno escluso, ci siamo sentiti come miracolati, come salvati dalle fiamme dell’inferno. Abbiamo vissuto insieme la medesima esperienza e ciascuno di noi ha vissuto in modo personale il miracolo di essersi salvato da una morte quasi inevitabile. Così ci siamo riuniti il 25 dicembre sera per una festa di ringraziamento all’Altissimo per averci tutti salvati dalle fiamme del terribile incendio.

Dopo aver recitato alcuni Salmi di ringraziamento, sono stati dati alcuni riconoscimenti alle forze dell’ordine e ai vigili del fuoco che hanno lavorato duramente per spegnere l’incendio. Il capo del dipartimento dei vigili del fuoco ha testimoniato pubblicamente di non aver mai assistito, in oltre 30 di carriera, ad un incendio così spaventoso, con fiamme alte oltre 40 metri e ha invitato tutti i presenti a lodare sommamente D’ per aver assistito a veri e propri miracoli.

Durante la serata diverse persone hanno raccontato la propria esperienza della notte dell’incendio.

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Vincere la paura del fuoco

29 dicembre 2016. Per vincere la paura del fuoco, i vigili del fuoco hanno spiegato ai bambini del Moshav come si spegne un incendio: tutti i bimbi a turno hanno potuto indossare le divise antincendio e provare a usare le pompe d’acqua. Qui la piccola Eden indossa la divisa.

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