È da poco trascorsa la mezzanotte e domani, la mattina di Pasqua, le campane suoneranno ancora… il passaggio si compie, il sole ritorna, la vita si rinnova. L’illusione è sconfitta, ci è dato di non più cader nella trappola…
Nuovamente invitto, il sole torna per risvegliare la sua sposa che, sinora assopita nel sonno dell’Ade, s’incammina verso di lui ritrovando la forza di romper la dura zolla, come il germoglio che talora vince persino il cemento. Storia paradossale quella del seme, come quella dell’uomo… che di tutti gli esseri è il più sensibile ed anche il più forte e che, nella sua fragilità, è vincente – come il tenero germoglio – nella lotta per l’esistenza.
Tuttavia, niente di più naturale del “paradosso”, del doppio, apparentemente inconciliabile…
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Tutto è “doppio” in questa natura: il seme è doppio e l’uomo è doppio… due gambe, due braccia, due occhi, due orecchie, due nasi! Due nasi?!?! ma che dico! ma no, è vero: “due” nasi!!! Anzi… due cuori… E’ curioso, eppure, proprio quei “luoghi corporei” che, non solo simbolicamente, gestiscono un “centro” e lo rappresentano, come il cuore (ma anche, perché no, come il naso, ombelico del nostro volto) siano anch’essi… duplicemente strutturati…
Mi diverto a dirlo nelle mie conferenze… L’Umano è storia di Grande Paradosso ed il Cuore, egregiamente, la rappresenta… Eh sì, anche il Cuore è doppio: esso forse, nella lunga storia della sua Significanza… è divenuto “centro” poiché in esso il “gioco delle parti” trova simbolicamente il luogo dove meglio potersi rappresentare: in esso sangue rosso e sangue blu scendono visà vis, l’uno con l’altro, sino ad abbracciarsi! Luogo di scambio dunque, magico, e di mistero… Non meno che quell’altro luogo così piccolo e nascosto, nel “cuore” dei nostri polmoni in cui, in una minuscola e fittissima rete che avvolge lo spazio sacro del cosiddetto bronchiolo polmonare, sottilissimi capillari si abbracciano sì fortemente fra loro che l’uno diviene l’altro e viceversa… ed è grazie a questo abbraccio intenso che l’ossigeno passa nel sangue… che la vita si rigenera ad ogni nostro respiro… E che, ad ogni nostro respiro, la morte è vinta, ancora una volta…
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Il cuore riassume le nostre contraddizioni: e non solo perché in esso le due circolazioni si incontrano… così come i due volti del Giano Bifronte che, nel solstizio d’inverno, segnano la “porta” del nuovo anno, o come le antiche “pietre cozzanti” attraverso il cui varco gli Argonauti dovevano cercar di passare indenni, prima che queste si richiudessero fra loro stritolandoli… Il cuore, come organo anatomico, si dice, rappresenta ancora un rebus agli occhi della scienza moderna: come può un muscolo, tipicamente involontario, esser composto dalla muscolatura “striata”, tipica invece di quelli squisitamente volontari? Una sfida, in altre parole… Un passaggio stretto stretto, attraverso il quale la ragione deve accettare, forse, di… capovolger se stessa…
La storia si ripete, potrei fare infiniti esempi e non solo nella fisiologia umana, peraltro grande Maestra di vita… Del resto, non è così che recita l’antico monito oracolare: “guarda te stesso, se desideri conoscere l’universo e gli dei”?…
Dal mito alla storia, dall’uovo cosmico al sole nascente, dall’antica Aester coi suoi riti propizianti la primavera alla Pesah degli antichi ebrei… riti di rinascita convergenti tutti nell’antico memento di un “passaggio” attraverso il quale la vita fluisce, nuovamente feconda. Pasqua è Passaggio… come Vita è Passaggio… Come il nostro tempo è, ancora una volta, Tempo di Passaggio…
Dall’Egitto alla Terra di Canaan: passaggio di liberazione, di luce, di consapevolezza… Al di là di ogni riferimento monoculturale, legato a questa o quella confessione, Pasqua è conquista di conoscenza, di nuova conoscenza: Terra Promessa, dove finalmente gli opposti si ricompongono, dove l’Io non nega il Tu e dove il Tu (che è Bet, seconda lettera dell’alfabeto ebraico, il figlio) diventa “mare” che culla nuove realtà di te stesso, nuove terre, nuovi campi di coscienza… Dove il TU, l’involucro, il ricettivo, si fa “casa” come in BERESIT, la Prima Parola che affida il suo segreto alla prima Lettera…
Terra promessa dove l’Io riconosce, nel Tu o nella sua opposta polarità, il senso stesso della sua esistenza, la direzione verso cui muovere per poter incontrare se stesso… dove il cerchio può non “chiudersi per terminare” ma compiersi, per iniziare un nuovo cammino. Dove – finalmente – mente e cuore, materia ed energia si configurano in maniera più luminosa e trasparente…
Con la nascita nel mondo biologico e in particolare col suo primo respiro, l’uomo viene proiettato nel mondo della dualità, nel tempo storico, Terra dell’oscillazione: abbandona pertanto quel regno di unità dal quale proviene ed al quale farà poi ritorno. La respirazione cambia e si fa polare e, nel cuore umano, il piccolo foro di Botallo (comunicazione ancora aperta fra due diverse realtà) si chiuderà a breve termine, così come le ossa craniche che col tempo si ricongiungeranno, non semplice metafora ma reale “chiusura” delle porte attraverso le quali la vita fluisce, porte che gestiscono il contatto con il mondo supersensibile. Da quel momento, la dualità, il doppio, il dubbio, lo accompagnerà…
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Quale danza fra due uteri cosmici che ci emanano e ci raccolgono (meglio, ci ri-accolgono) la nostra vita si configura come esperienza di polarità: polarità che si ritrova ovunque, nel visibile e nell’invisibile, nel macro e nel microcosmo, nella materia ma anche nell’energia. Anzi: la “differenza di potenziale” fra realtà, appunto, “polari” è proprio ciò che determina il “Campo” attraverso il quale la Forza-che-scorre, scorrendo e trans-correndo, si manifesta.
In questa nostra dimensione, dunque, ovunque c’è polarità, e questa polarità è spesso percepita come contraddizione: nella manifestazione (giorno/notte, uomo/donna e via dicendo), nella forma stessa della manifestazione (alto/basso, dentro/fuori, caldo/freddo) e nella vita: storie ed eventi cosiddetti “esterni” che la sostanziano ed altri che muovono da dentro, come emozioni (ex-moveo) e sentimenti… Questi, quanto mai si delineano spesso come contraddizioni. E la contraddizione è conflitto, è guerra…
Certo, il conflitto ci abita, è naturale… “l’uomo è doppio” ricorda Steiner sin dalle prime pagine della sua Fisiologia Occulta1… Dobbiamo legittimare questa nostra ambivalenza senza tuttavia dimenticare che, in realtà, il doppio non esiste… Il “due” – dice lo stesso Steiner2 – è un’illusione, è il Diavolo, colui che, interferendo con la forza che scorre, “getta ostacoli” (gr. dià-bàllei), allontana e di-vide… Ciò che realmente esiste è l’Uno e, con esso, anzi in esso, il Tre, che questo contiene… Peccato che, come dicevano gli antichi, “tertium non datur” e grande fatica tocca fare all’uomo per ricongiungere gli opposti e scoprire o ri-scoprire il fatidico tertium quid: invisibile nesso fra le cose, perno della croce; invisibile certo, ma essenziale, finanche quint’essenza (nascosta) dell’essere…
Eppure Dio sceglie il Due come forma della manifestazione: Egli crea il cielo e la terra, la notte e il giorno, l’uomo e la donna, divide le acque superiori da quelle inferiori. Tuttavia, il doppio è un’illusione, poiché Dio non divide ma “separa”, distingue… tanto che la famosa “costola d’Adamo”, da cui la tradizione biblica fa derivare la donna, potrebbe forse non altro essere che il simbolo dell’autre côté3, l’Altro Lato della realtà…
E questo Altro Lato – “femminile” in quanto invisibile, buio, nascosto, profondo, interno e proprio di ognuno di noi a prescindere dal sesso – è quello che, troppo spesso, l’uomo dimentica… soprattutto oggi, che l’uomo è così attratto, ipnotizzato quasi, dall’apparenza, da ciò che è visibile e superficiale… L’Altro Lato delle cose, quello nascosto ma sostanziale, è quanto ci spetta di cercare, ri-cercare o, meglio ancora, ricordare….
Da questa prospettiva, Uomo e Donna assumono nuove e più profonde connotazioni… Non è semplice “distinzione sessuale”, è qualcosa di più profondo, di interiore… Come Cieli e Terra: la terra è il visibile, l’osservabile in noi; i Cieli sono l’invisibile, il non-ancora osservabile…
Io – Loredana – sono donna sul piano biologico, esteriore ma, se mi guardo dentro, se mi “ricordo di me” sono maschio, poiché maschio (zakar in lingua ebraica) è anche “colui che ricorda”4…
Ricordare ciò che mi abita nelle profondità, la “sposa” che attende nel buio… ecco cosa significa “essere maschio”, fare opera maschile dentro di me, nei miei cieli o nelle mie terre profonde (il simbolo non fa distinzione). Ricordare: questo è il compito che l’umano deve oggi portare a compimento. Questo il Passaggio che deve compiere, per nascere ad una nuova realtà…
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Ma tutti i passaggi sono stretti, come il “collo” (strettoia) dell’utero che dobbiamo attraversare quando arriviamo nel mondo biologico e come, metaforicamente, le “strettoie della vita”, passaggi obbligati che “ci partoriscono” poi a nuove esperienze e soprattutto a nuova coscienza; sono faticosi, comportano attrito… La consapevolezza allora mi aiuta dicendomi: non arredare il tunnel!! Percorrilo sino in fondo ma non identificarti con esso: è SOLO un PASSAGGIO!! Allora ecco che l’attrito cui il passaggio costringe, diventa fonte di apprendimento, poiché… “si apprende solo attraverso l’attrito” disse una volta un saggio… così come attraverso i problemi che la maestra mi dà a scuola… Questo del resto, è quanto ci insegna il “tunnel della vita”…
Ma c’è un’altra cosa estremamente importante su cui val la pena ragionare… e cioè che i veri “passaggi” sono generalmente preceduti da un “capovolgimento”!
… ma come? Finisco le elementari e, alle medie, devo ricominciare a studiare daccapo tutta la storia sin dagli uomini delle caverne?
Come ben si sa, per nascere regolarmente, il feto SI DEVE CAPOVOLGERE!!! Dobbiamo piegarci, abbassare la testa e scendere verso terra, vero atto di umiltà!!! Finché il feto “ostinatamente” (dal lat: ob-stare, stare contro) non piega la nuca, il suo osso frontale non fa che continuare a battere contro l’osso pubico delle pelvi materne (quanto è simbolico, a proposito, l’atto di batter con la mano la fronte quando intendiamo dire che siamo “duri a capire”, oppure semplicemente ostinati in qualche cosa… quasi a ricordare quell’archetipico momento della nostra storia). Quando, finalmente, stremato il bambino si arrende e piega la testa, ecco che nasce… Già… anche per nascere ci vuole umiltà, occorre “lasciare la presa”!
Mi piace ricordare Giovanni il Battista il quale, nel momento in cui dava il battesimo con l’acqua, immergendo l’adepto in essa (secondo alcuni, trattenendogli la testa sott’acqua sino al punto di resistenza estremo, sino cioè a sfiorare la morte, altro “capovolgimento”…) diceva loro “metanoéite!”, CAPOVOLGETEVI!
Ma cosa vuol dire tutto questo??
Per quanto ho da parte mia maturato sinora, l’esperienza – reale e simbolica – del “passaggio” e del CAPOVOLGIMENTO che questo comporta, rappresenta una delle più importanti realizzazioni da compiere lungo il cammino.
Capovolgimento è anche “sacrificio”, è il saper rinunciare proprio a ciò cui tengo di più, ciò per cui, anche, ho lottato… In altre parole, per accedere a nuovi orizzonti, a nuovi livelli di consapevolezza, dobbiamo compiere un sacrificio: dobbiamo poter abbandonare un mondo per incontrarne un altro… proprio come, quando si nasce, ci tocca abbandonare il regno del placet (da cui placenta…), il paradiso primordiale, per entrare nel “mondo in cui si grida, dove tutto è urlo”…
Diluire l’Ego… forse è proprio il compito più arduo che ci tocca affrontare nella nostra vita sulla terra! Questo si traduce con il “sacrificare” (che non significa perder qualcosa ma piuttosto render sacro) le nostre stesse più ambite e sudate conquiste… le nostre certezze, i mattoni del nostro tempio che abbiamo così faticosamente costruito… Non è che per caso anche la Ragione, la dea ragione di cui l’umano così spesso si vanta, conquista degli ultimi secoli soprattutto della nostra umanità, dovrebbe fare altrettanto…?
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Il “capovolgimento” è un vero e proprio addestramento dell’anima… Ed è molto importante vivere questa esperienza, che è l’esperienza della METÁNOIA, della trasformazione…
Tante volte mi è capitato di proporlo attraverso il corpo… Certo! imparare a “fare le capriole”, nell’acqua ad esempio, ottimo esercizio, dove ad un certo punto perdo letteralmente l’orientamento: non so più dove andare, se spingermi sopra o sotto per ritrovare l’aria da respirare… allora, lì, la mente deve tacere!!! Ecco l’addestramento… Se comincio a chiedermi dove devo voltarmi, è finita… posso solo lasciar fare al mio corpo… e questo mi riporterà “a galla”! Chissà che Giovanni il Battista ci abbia pensato anche lui?!?!
Nelle palestre di arti marziali, dove per anni ho studiato ed insegnato, il capovolgimento si impara attraverso le “cadute” che si chiamano generalmente, con termine giapponese, UKÉMI: imparo innanzitutto a non aver paura di cadere poiché so che posso rialzarmi… se invece mi “oppongo” alla caduta, irrigidendo le braccia o il corpo in generale, ecco che davvero rischio di farmi male! Il mio maestro diceva: hai ricevuto una spinta? Una provocazione? Invece di “dire di no” e di “fare guerra”, prova ad accoglierla, sinergizza con essa e arriverai a trasformarla, non passivamente ma con consapevolezza e, soprattutto, non temere di “farti piccolo” e scendere a terra… fatti palla, sacrifica il tuo equilibrio, non temere! Sarà la forza stessa del tuo “saper cadere”… che ti rialzerà e ti donerà nuova energia propulsiva… Caspita, dicevo già allora… quanto ci insegna lavorare col corpo…
Ma veniamo ai virus… che, come appunto sostiene con illuminata visione il Professor Claudio Viacava, non ci sono poi così nemici… E se anche alla malattia guardassimo in questo modo? Se la malattia esiste “nel corpo, nella mente e nell’anima sincronicamente”, “se un parassita si annida nel nostro ventre, si è annidata la sua faccia eterica e mentale negli altri nostri corpi”5… Questo è proprio l’altro-lato che dobbiamo indagare… quello invisibile, nel quale si nascondono le “radici” appunto di ogni malattia, di ogni problema, di ogni “attrito”…
Abbiamo detto che in questa terra si impara attraverso l’attrito… Certamente, anche a scuola mica ci mandano a raccoglier violette per apprendere l’algebra o il greco antico… ci danno fior di rompicapo!!!
Dobbiamo addestrarci a “capovolgere il tessuto” per vedere l’altra faccia dell’arazzo, se vogliamo almeno percepire l’esistenza di un significato dell’attrito, magari non facilmente attingibile alla luce della ragione, ma da riconoscere almeno, da ricercare! Spesso, il Significato alberga in altri campi di coscienza… Tuttavia, nostro compito è il “metterci sulla strada”: “poiché il luogo dove si deve arrivare non può essere detto e spesso non è neppure conosciuto, non bisogna intendere la via come un semplice mezzo per giungere ad una meta che lascia la via alle spalle. Chi, anche solo in una certa misura è giunto alla Libertà della Ragione, scrive Nietzsche in Umano troppo Umano, non può poi sentirsi sulla strada nient’altro che un viandante, non un viaggiatore diretto a una meta finale”6
Se questo ri-conoscimentoavviene, ecco che si fa possibile il ri-orientamento della rotta delle nostre vite, per non naufragare nell’oceano dell’insensatezza e del nulla, continuando a benedir o maledir la buona e la cattiva sorte… E sarà proprio questo nuovosignificato che aprirà la strada a nuovi orizzonti, di Guarigione e di Comprensione.
Tutto, nell’universo, ha un senso e una direzione, poiché cammina in un unus versus… Il germoglio, l’albero, sa che, per crescere, deve muoversi verso l’alto… la giovani tartarughe di mare sanno che, appena dischiuso l’uovo, devono muoversi verso l’oceano, verso le acque, per poter vivere… La Volontà di Senso risiede nella vita, così come la mancanza di senso (e di significato) genera patologia! Quando la scoperta del Significato riesce, la malattia si supera più facilmente…
Se, dunque, da una parte del tessuto percepisco i disegni ed i colori, dall’altra potrò prender visione dei “nodi” che lo tengono assieme, che lo sub-stanziano… rendendone percepibili forme e sfumature diverse… Lì sotto, nell’invisibile, c’è il significato…
Ma è sempre nel buio che dobbiamo scavare per trovarlo… come le radici dell’albero, che lo tengono in piedi e lo nutrono… Allora, se mi addestro, quest’operazione sarà sempre più facile ed immediata; mi chiederò sempre, dinanzi ai casi, belli e brutti, della vita: qual è il significato, ovvero qual è il MESSAGGIO che ho possibilità di comprendere per ritrovare il SENSO, la direzione utile per proseguire il cammino?
E’ così che il Significato si fa Medicina…
Il SENSO è il SIGNIFICATO CHE SI FA DIREZIONE: nella malattia è già contenuta la “medicina”, poiché in essa c’è senso, c’è direzione… “Interrogati”, la malattia o il problema, rivelano il grosso potenziale che nascondono in sé.
Usciamo dalla trappola dell’insignificanza… dalla visione di una vita in cui fatti, eventi di gioia e di dolore finiscono “sparsi qua e là” come le scaglie del parmigiano sulla pastasciutta…
Nella malattia c’è direzione, c’è senso e Significato… abbiamo perso le chiavi ma abbiamo la possibilità di RICORDARE!!! Come si è detto poc’anzi… addestriamoci a “dis-girare il tessuto”! Non accontentiamoci dell’apparenza… la scienza moderna e le antiche tradizioni, i miti, ci vengono in aiuto! I significati sono dentro di noi… attendono solo che lo sposo (zakar) si abbia a ricordare della sposa e si metta in cammino… Il maschile in noi deve risvegliarsi… al di là delle stereotipie moderne, solamente devianti…
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“Nel cuore degli uomini, nell’animo umano, vi è ultimamente più che in passato, un grande vuoto, lo potete sentire voi stessi, fermandovi e guardandovi dentro. Scoprirete che vi è come un senso di vuoto, una mancanza, un bisogno che l’uomo cerca in tutti i modi e per tutta la vita di colmare: questo è il Desiderio… La continua percezione di questa mancanza ci spinge a desiderare ciò che non si ha, che non si può avere, il desiderio di qualcosa che forse si è perso e che sconfina spesso con la malinconia, qualcosa che si è perso quando eravamo nella pienezza dell’Essere: i nostri riferimenti nel mondo delle Idee. Forse molti di voi non sanno che Desiderare deriva da de-sidero, esser senza stelle, ossia percepirne la mancanza, le stelle come orientamento, come illuminanti, come principi primi celestiali senza i quali ogni percorso è impossibile. … Le Stelle sono quindi il principio e il fine di ogni Uomo, le Stelle devono e dovranno quindi esser la nostra meta…”7
Ora, come dicevamo all’inizio, ora ci è dato ritrovar le perdute stelle… superando Maya, il velo dell’illusione.
L’Umanità è oggi all’interno di una grossa mutazione: una Terra Promessa ci attende e il viaggio è cominciato! anzi… credo che ci troviamo nel bel mezzo delle contrazioni di un parto… quanto dolore infatti!!! Non arrediamo il tunnel, dunque!! Non illudiamoci che l’emergenza sia solo economica, politica, energetica, ecologica… l’emergenza unica e sola è, attualmente, emergenza SPIRITUALE… e per questa dobbiamo lavorare, con urgenza e con fiducia anche se sembra che il buio aumenti… In realtà è la luce che sta aumentando…
Nel Corso dell’Anno, col volgere del solstizio estivo, anche il sole inizia a ritirarsi, dopo aver faticosamente conquistato lo zenit del cielo… Il buio avanza affinché “altra luce” emerga: e il Battista diceva “io dovrò morire perché TU dovrai sorgere…”
Nel settimo giorno della Genesi, Dio si ritira. Dio si ritira perché l’Umano sia…
La madre, come la marea (mi piace evocarne, con l’assonanza, anche la stessa origine semantica, madre-mare) deve, a un certo punto, ritirar se stessa, “affinché l’utero non diventi tomba”… Ritirarsi perché l’altro sia, è il più grande atto d’amore…
E’ la kènosis divina… (contrazione del Sé, dell’Ego, sacrificio archetipico). Dio stesso rinuncia alla sua assolutezza, l’Uno si divide…
Attenzione però… Dio si ritira ma non si ritira… come la madre, si allontana per permettere al suo piccolo di sperimentare se stesso… Essa lo segue, anche se da lontano, è vigile e pronta a intervenire!
Ecco di nuovo il “paradosso”… C’è un mistero profondo nella nostra umanità: noi siamo UNO, anche se ciascuno di noi è UNICO… In realtà, siamo al di là di questa contraddizione… Ricordiamo il foro di Botallo che si chiude alla nascita? L’unità è superata, non perduta…
Capovolgersi significa imparare a LEGITTIMARE il paradosso, a SUPERARE L’ANTINOMIA, la logica disgiuntiva, il “linguaggio diurno” dell’occidente… e questo lo facciamo, paradossalmente, se legittimiamo il controsenso il quale solo, forse, può permettere l’emergere del senso vero delle cose.
Inaugurare una “struttura della trasparenza” in cui l’aut-aut sia sostituito dall’et-et, dalla logica del non solo ma anche!8Inaugurare un orizzonte in cui la mente ed il cuore possano finalmente tornare ad incontrarsi… D’ora in poi, la strada sarà percorribile solo a questa condizione!
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La grande Annick de Souzenelle, biblista di grande fama, dice che esistono due identità dentro di noi (l’Uomo è doppio… ricordate??)
Fino al 6° giorno della Genesi l’Uomo, creato biologicamente, è ancora un bambino, non conosce le grandi ricchezze che ha deposte dentro di sé… Con lo Shabbat del 7° giorno, quando Dio si ritira (generalmente, si dice “si riposa”, ma il significato è “si allontana da lui”), l’Uomo è “chiamato a verticalizzare se stesso”… è chiamato a rendersi autonomo, poiché la Fonte si è ritirata. Non si tratta di una autonomia esistenziale però…
Per acquisire l’uso della parola, l’uomo deve verticalizzarsi nel corpo fisico, deve cioè compiere un ”passaggio di specie”… Ma, se “dis-giriamo il tessuto” anche qui, vediamo che la metafora serve per esprimere l’inesprimibile: la verticalizzazione sottile è il compito “ontologico” cui l’uomo (quello che non si ferma alla sua identità “animale”, o di 6° giorno) è chiamato, affinché possa farsi, egli stesso, Verbo creatore… iniziando così il suo Cammino nel Divenire e non solo nell’Essere. La “verticalizzazione fisica” si fa “verticalizzazione della coscienza”, ora mossa in divenire di consapevolezza…9
“Verticalizzare” significa acquisire una DIREZIONE per non vagare nel vuoto o nell’assurdo; significa INNALZARE il proprio cammino e se stessi, conferendo alla propria vita obiettivi “verticali”, rivolti al Cielo e non ad una orizzontalità puramente esistenziale… Del resto, Dio ci vuole ambiziosi… altrimenti non ci faceva “a sua Immagine”…
L’Umanità è chiamata a questo PASSAGGIO… a questo “passaggio dal 6° al 7° giorno”… passaggio che è passaggio di consapevolezza, salto quantico della coscienza… Dobbiamo verticalizzare noi stessi, poiché siamo esseri che camminano con due gambe, anche se in realtà… stiamo ancora strisciando…
E’ quanto stiamo vivendo oggi… Tanti sono i miti che ci parlano di questo PASSAGGIO. Restando al biologico della nascita, per mantenere la metafora di prima, ricordiamo che, nella vita fetale, con il compimento del 6° mese, il feto è “pronto”, biologicamente… Col sesto mese, anche il sangue cambia: i globuli rossi RINUCIANO al nucleo, sacri-ficando in un certo senso, la loro parte più evoluta… Negli ultimi tre mesi di vita intrauterina, il feto riceve nuove INFORMAZIONI… informazioni che gli permettono di PASSARE dallo stato di 6° (identità biologica) allo stato di 7° giorno (identità divina).
Elisabetta era incinta di sei mesi, quando ricevette la visita di Maria… Ed è sempre al sesto mese che Era, moglie di Zeus, scoprì il tradimento del marito…fece uccidere la ninfa con la qual Zeus l’aveva tradita, raccolse il feto e “lo mise nella coscia di Zeus”… Sei mesi lunari, umani, e tre mesi divini…
Il passaggio dal 6° al 7° giorno è fondamentale! Con esso, siamo chiamati a PASSARE AD UN’OTTICA DIVINA, nel cammino di verticalizzazione della nostra consapevolezza… Dobbiamo non perder tempo, interrogarci e scrutare, sapendo di esser scrutati… E’ un’esigenza terribile, che fa paura!
Eppure dobbiamo vivere questa nuova istanza interiore… e, per essa, anche accettar l’esilio, esser respinti dagli altri, perché a volte, ascoltar certe cose, può addirittura dar fastidio… poiché certe leggi sono contrarie a quelle del mondo… Tuttavia è irrinunciabile!
I Cieli-dentro-di-noi, ancora velati, ecco cosa dobbiamo svelare con urgenza. Polo femminile dell’essere, un femminile che è tale perché tutto interiore… Quel femminile che, nel miti, Satana rapisce… Il femminile che ci è stato rubato come, appunto, tanti miti ricordano (da Elena di Troia alle Sabine col loro celebre “ratto”).
E’ quel “femminile” che custodisce, nel mezzo delle “acque”, il NOME (Shem in ebraico), l’essenza delle cose. In quanto “nascosto” (rubato) è ciò che dobbiamo cercare o far nascere dentro di noi: è l’Altro lato, il non-ancora-compiuto e corrisponde al potenziale inaudito di energie contenute, a volte trattenute, nelle tenebre.
Malattie, virus e batteri… le Tenebre dentro di noi… possiamo, anziché combatterle per annientarle, comprenderle per integrarle, svelandone il potenziale e la forza nascosta (lat. virus, “veleno” che riecheggia vis, la forza…) trasformando in luce, ciò che luce non-ancora-è…
“E’ giunto il tempo che ci dà l’ardire di far appello all’oriente del nostro essere, alla Lingua Una che annuncia l’ordine ontologico delle cose; la parola che traduciamo con “bene” (tov in ebraico), è quella che qualifica la “luce” nel primo giorno della Genesi, e il suo opposto (r‘a) non è il male (Dio non crea il male) ma ciò che partecipa delle tenebre (‘erev è la “sera”).”
E’ oramai notte fonda e, finalmente, son riuscita a trovare il silenzio necessario per scriver queste righe… Tutto sembra dormire: mi accorgo, in realtà, che il buio ed il silenzio intorno (interno, forse?!?) a me, che danno “suono” persino al picchiettar delle dita sulla tastiera del computer…, non è “vuoto” ma “denso” e che, di certo, non sono sola… In esso anzi, sono sicura sian contenute proprio le forze che dovevo ritrovare per potermi concentrare. Cosa scriverò sul tema di virus e batteri?!? Non sono una scienziata… Eppure un link c’è… c’è sempre quando cerchi di contattare il cuore delle cose…
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