L’oggetto della discordia
(Racconto di Pellegrino De Rosa)
L’oggetto si stagliava immobile e silenzioso, sospeso a mezz’aria, sopra il mare in bonaccia.
Aveva la forma di un triangolo isoscele, con la base a sinistra e la punta a destra, e sembrava di metallo.
Il bambino spalancò gli occhi e corse, trafelato, dall’uomo chiamato “il Maestro” e lo strattonò tirandogli la tonaca.
«Che c’è?»
«Guarda!» fece il bambino, indicando l’oggetto nel cielo. «Cos’è?»
L’uomo alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta.
L’oggetto era enorme e inquietante, come il dubbio che rode le vite dei mortali.
«Non so cos’è. Da quanto tempo è lì?» chiese l’anziano uomo a sua volta.
Il bambino alzò le spalle e sgambettò via, corrucciato: dal Maestro si aspettava delle risposte, non delle domande.
Il vecchio si mordicchiò un labbro.
Per quanto ne sapeva lui, quell’oggetto poteva anche essere stato là, sospeso nel cielo, fin dai tempi della Creazione, senza che nessuno se ne fosse mai accorto. Gli uomini, infatti, erano troppo presi dai loro affari e non alzavano mai lo sguardo al cielo.
La notizia dell’avvistamento si sparse in un battibaleno e tutti, nell’isola, presero a camminare con il naso all’insù in attesa che l’oggetto facesse qualche movimento, che andasse via o che cadesse o che emettesse qualche rumore.
Ma non avvenne proprio un bel niente!
E l’oggetto rimase al suo posto per giorni, per mesi e per anni.
Gli uomini, nel frattempo, si divisero in fazioni: alcuni ebbero paura, temettero la fine del mondo e formarono una setta religiosa; altri si misero a studiare un piano per abbatterlo; altri, ancora, presero a osservarlo con grossi telescopi; altri, infine, cominciarono ad adorarlo come un Idolo e si diedero alla fornicazione.
Poi al Maestro venne un’idea.
Pensò che, oltre che dalla loro isola, quella dei naturalisti, l’oggetto potesse risultare visibile anche dalle isole vicine. Perciò, vincendo l’innata ritrosia, sollevò il telefono e chiamò i suoi colleghi che abitavano nell’isola dei fisici.
E la loro risposta lo lasciò stupefatto: «Noi abbiamo visto l’oggetto da un bel po’ di tempo. Ma vi sbagliate: non è un triangolo… è un cerchio!»
«Un cerchio?»
«Proprio così… e ha un punto giusto al centro!» continuò il fisico.
«Ah, ma allora deve trattarsi di un altro oggetto! Strano, però, che noi non lo vediamo».
«Se è per questo anche noi vediamo un solo oggetto nel cielo e – ti ripeto – è un cerchio. Mentre non riusciamo a scorgere il vostro triangolo».
«E se vi sbagliaste?» ribatté il professore naturalista. «Forse la vostra vista non è così buona come credete. Io potrei giurare che si tratta di un triangolo!»
«E allora facciamo una cosa» propose il fisico, «chiamiamo i religiosi e chiediamogli cosa vedono loro».
«Ottima idea. Vedrai che daranno ragione a noi» rispose il naturalista.
Allora telefonarono all’isola dei religiosi e gli chiesero se, dal loro punto di vista, vedessero qualcosa nel cielo, sospeso sul mare davanti a loro.
Il religioso alzò lo sguardo al cielo e ammutolì.
Era proprio vero!
Anche nel loro cielo c’era un gigantesco oggetto sospeso a mezz’aria e non se ne era mai accorto prima.
Per lo stupore lasciò cadere il telefono, e suonò le campane per chiamare a raccolta tutti gli abitanti della sua isola.
«Qualcuno di voi si era già accorto di questo oggetto nel cielo?» domandò.
Tutti scuoterono la testa.
Nessuno lo aveva mai notato!
Chiamò, quindi, i naturalisti e i fisici e parlò loro: «Anche nel nostro cielo c’è un oggetto misterioso ma, da come lo vediamo noi, ha la forma di un cerchio schiacciato – più un’ellissi che un cerchio – con un piccolo triangolino sulla destra. Perciò, non dovrebbe trattarsi dello stesso oggetto! Lo osserveremo, ci rifletteremo, e vi faremo sapere».
Il Maestro, allora, andò alla spiaggia e piazzò un potente telescopio.
Era ben determinato a non desistere fino a quando non avesse scoperto cosa fosse quel misterioso oggetto sospeso a mezz’aria.
Tutti gli altri abitanti dell’isola avevano ormai accettato l’idea che si trattasse di un triangolo, come dicevano tutti gli altri naturalisti, e deridevano sia i fisici che i religiosi che vedevano oggetti diversi. Ma lui non ne era per niente persuaso.
Una risatina soffocata dietro di sé lo costrinse a girarsi.
Strinse le palpebre, per mettere meglio a fuoco il volto del visitatore e, dopo qualche istante, lo riconobbe.
«Ah, sei tu!» sospirò, imbarazzato.
Molto tempo era passato e quello che era un bambino era ormai diventato un ragazzino dallo sguardo vispo e sicuro e lo guardava sghignazzando, mentre mangiava con gusto un gelato.
Era proprio il bambino che, anni prima, gli aveva fatto notare l’oggetto incombente.
«Senti, non so come dirtelo» sbuffò il Maestro, «ma non ho alcuna idea di cosa sia quell’oggetto. Per la verità ho chiesto anche ad altri: ma vedono cose diverse. Alcuni vedono un cerchio, altri un triangolo, altri un’ellisse con una punta triangolare di lato…» spiegò, spalancando le braccia e spiando le reazioni del ragazzino, che sorrideva e continuava a leccare il suo cono gelato.
«È un cono» dichiarò il ragazzino, alzando il cornetto al cielo.
«Lo vedo che è un cono gelato» rispose il Maestro, per fortuna questo riesco ancora a capirlo!
«Non dicevo questo. Io parlavo di quell’oggetto enorme nel cielo… è un cono, come questo!»
Il Maestro sorrise, divertito. «Hai una bella fantasia, e questo è bene. Però ti sbagli: quello nel cielo non è affatto un cono gelato!»
«E invece sei tu che ti sbagli, Maestro, perché non hai fantasia e ragioni solo in base a quello che puoi vedere…»
Il Maestro arrossì, offeso.
«Come ti permetti? Io ho studiato tanto, sono un grande accademico, mentre tu hai la mente vuota, proprio come un foglio bianco!»
«Ed è proprio per questo che nella mia c’è posto per qualcosa di nuovo» ribatté il ragazzino. «Guarda: se il gelato lo metto così vedo un cerchio, se lo giro di lato vedo un triangolo e, se lo metto un po’ obliquo vedo un’ellisse e una punta triangolare di lato» continuò, sghignazzando.
Il Maestro, stupefatto, si lasciò cadere sulla sabbia.
«Non era poi così difficile» osservò il ragazzino. «Perché mai voi studiosi non vi siete mai degnati di considerare ognuno anche il punto di vista degli altri ed elaborare una sintesi?»
Il ragazzino aveva ragione: la realtà apparente cambiava a seconda del punto di vista ma l’essenza dell’oggetto era immutabile: l’oggetto nel cielo era un cono, proprio come un cono gelato!
E avrebbero potuto capirlo anni prima, se solo ognuno avesse fatto uno sforzo per ascoltare l’opinione degli altri.
«E cosa rappresenta quel cono?»
«Mi sembra chiaro: è il pregiudizio; è il punto di vista fazioso e parziale»
«E riusciremo mai a liberarcene?»
«Forse. Ma si scioglierà solamente se sarà riscaldato dalla luce della tolleranza… come un cono gelato sotto i raggi del sole!» rispose il ragazzino, girandosi per andare via.
«Te ne vai?»
«Sì. Andrò ad abitare nell’isola dei filosofi. È molto più estesa di quelle degli scienziati e dei religiosi messe insieme: è a forma di arco e consente molteplici punti di vista; inoltre, proprio al centro, ha una montagna, la Vetta della Meditazione, che ti consente di vedere le cose dall’alto».
«E noi cosa potremo fare, separati come siamo gli uni dagli altri?»
«Potreste costruire dei ponti che colleghino le vostre isole tra di loro, magari anche con quella dei filosofi!»
«Sarà difficile» commentò il naturalista, «da tempo ho compreso che ogni capo-isola vuole rimanere separato per dominare meglio gli abitanti della sua isola…»
«E allora, almeno parlatevi ogni tanto e cercate di scambiarvi i punti di vista!»
Il Maestro storse il naso, dubbioso.
«Ma tu chi sei veramente?» chiese, infine. «Dimmi chi sei!»
Il ragazzino fece una lunga pausa e sgranocchiò con gusto il resto del cono gelato. «Sono uno che osserva e che ha la mente e il cuore bianchi come un foglio vuoto» rispose, con un largo sorriso.
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