VEGETARIANESIMO E KABBALAH

 

 

Qual’è il pensiero della Torah, dell’ebraismo e della Kabbalah sul vegetarianesimo ?

Spesso le persone che hanno intrapreso un cammino spirituale si stupiscono del fatto che l’ebraismo non imponga all’uomo un regime vegetariano e nel constatare che molti ebrei religiosi mangino regolarmente carne.
Questa moderna sensibilità al dolore innocente degli animali maltrattati e macellati per il nutrimento dell’uomo, è dovuta in parte all’influenza che le filosofie e religioni orientali esercitano sulle nostre ultime generazioni e sulla materialistica cultura d’Occidente, e in parte deriva da una lodevole crescita di consapevolezza raggiunta oggi dal genere umano.

 

Non potendo affrontare uno studio esaustivo sugli animali nella Torah, ci limiteremo a citare e commentare alcune fonti che illustrino l’autentico atteggiamento ebraico nei confronti di questa nuova sensibilità generazionale, precisando che, come per ogni altro aspetto dell’esistenza, anche per il vegetarianesimo l’ebraismo propone molte idee e interpretazioni diverse, anche contradditore e opposte le une alle altre. Tenteremo di esporre in questo breve studio le correnti di pensiero più diffuse all’interno dell’ebraismo sul vegetarianesimo, in modo particolare quelle kaballistiche.

Innanzitutto la Torah ci dice che il primo uomo, Adam Harishon, era vegetariano, in quanto D’ aveva concesso per cibo all’uomo e a tutti gli animali i soli vegetali. Dunque all’inizio della creazione nessun essere vivente si cibava di carne altrui, compresi i cosiddetti animali “carnivori”.
Da questo i maestri deducono che il più elevato modo di cibarsi è quello che esclude la consumazione di ogni tipo di carne.

D’ disse: “Ecco vi ho dato ogni erba che porta seme che è sulla faccia della terra, e ogni albero che porta frutto e seme. Saranno il vostro cibo. E agli animali selvaggi, a tutti gli uccelli del cielo, a tutto ciò che striscia sulla terra e che ha un soffio di vita, io dono ogni erba verde come cibo.”

(Gen 1, 29-30)

La discesa di coscienza del bene portò l’umanità a soccombere al diluvio. Dopo il diluvio ha inizio la nuova alleanza che D’ stabilisce con Noah (Noè) e con tutte le creature del cielo e della terra: a partire da quel momento D’ concede all’uomo e agli animali di cibarsi di carne.
Questa concessione divina mira a placare l’istinto al male innato nell’uomo e a rettificare le conseguenze della sua violenza: il mangiare carne è una concessione parziale, ristretta a una piccolissima selezione di specie commestibili. D’ , che conosce la natura fragile dell’uomo, concede solo un numero ristretto di animali destinati all’alimentazione umana, e questa concessione ha delle condizioni: l’uomo può cibarsi della carne di un animale che abbia subito una macellazione rituale che comporti la minima sofferenza fisica possibile all’animale: questo è uno dei motivi per cui gli ebrei mangiano poche specie di carne da cui eliminano rigorosamente ogni traccia di sangue.

Secondo la kabbalah mangiare la carne degli animali, soprattutto a shabbat, nasconde motivazioni legate all’equelibrio dei cicli dell’ “ecosistema” e ai cicli delle reincarnazioni.
Troviamo scritto nel testo cabalistico Iggheret HaKodesh:


E’ risaputo che ogni cosa è ciò di cui si nutre, e così anche il corpo. (…) Il Signore Benedetto, le cui vie sono tutte giustizia, ha ordinato di macellare le bestie quale nostro cibo. Come mai? Non sarebbe meglio se ci nutrissimo dei vari prodotti e frutti prelibati? Come mai ha dichiarato di libero uso il sangue delle bestie e degli animali selvatici? Come mai ha voluto infliggere loro tale grande sofferenza?
Sappi che questi sono i fondamenti del mondo, e cioè che il Signore Benedetto fa del bene a ogni creatura e ha compassione per ognuna di esse, come sta scritto: “E’ buono il Signore verso tutti, la sua misericordia è su tutte le sue opere” (Sal 145, 9). Questo versetto fa comprendere che la macellazione degli animali e il loro consumo da parte degli esseri umani è a fin del loro bene, e che è un atto di pietà e misericordia verso di loro. Procedo a spiegarti.
È noto che ogni cibo che l’uomo ingerisce viene triturato nello stomaco e di qui scende nelle viscere superiori che stanno sotto di esso; da questi intestini il fegato succhia la parte migliore del cibo, la più grassa, più pura e più pulita, mentre il resto lo respinge verso  gli intestini inferiori, così da farlo uscire attraverso gli escrementi.
Il fegato cuoce e ricuoce ciò che ha succhiato e lo rende sangue, lo pulisce e lo invia al cuore, che a sua volta lo invia a tutti gli organi; quando il sangue arriva agli organi, in ognuno di essi diviene quel che l’organo è, grazie a una terza cottura: nella carne diviene carne, nel grasso diviene grasso, nelle ossa ossa, nelle vene vene, nei nervi nervi, poiché è con esso che il corpo si nutre.
Se ne deduce quindi che la bestia macellata a scopo alimentare, per l’uomo, ha tratto beneficio nel salire dal livello di corpo di bestia a quello di corpo umano.
Questa è la via delle quattro categorie del mondo inferiore: minerali, vegetali, animali che non parlano e creature che parlano.
I minerali traggono nutrimento dai quattro elementi, i vegetali dai quattro elementi e dai minerali, gli animali che non parlano si nutrono di vegetali, di minerali e dei quattro elementi, mentre la creatura parlante fa uso degli animali che non parlano, dei vegetali e dei minerali. Ecco quindi che si procede di elevazione in elevazione, di modo che il ciclo si completi, avanti e indietro. In proposito è detto: “E’ buono il Signore verso tutti” (Sal 145, 9), poiché gli elementi assurgono a un grado superiore, cioè ai minerali, i minerali ai vegetali, che sono un gradino più su di loro, e i vegetali assurgono ad animali che non parlano, un gradino assai più su del loro, e gli animali che non parlano assurgono alle creature che parlano, le quali possiedono la facoltà di parola, quella del movimento, nonché la facoltà dei vegetali e quella di mescolare i quattro elementi.

 

Ciò che colpisce in questo testo è la distinzione fra creature non parlanti e creature dotate di parola: la parola, per la Torah, è la qualità tipicamente umana che distingue l’uomo da tutte le altre creature e che lo rende simile al Suo Creatore che tutto crea con la Sua Parola. Qui tocchiamo un altro punto sacro alla Kabbalah: il potere della parola umana.
Quando l’uomo, prima di mangiare, pronuncia parole di benedizione a D’ sul cibo da Lui donato, opera una redenzione delle cosiddette scintille di santità imprigionate nella materia dell’alimento che sta per consumare. Queste scintille, assunte attraverso il cibo, vengono liberate dal loro involucro materiale ed elevate alla loro origine spirituale. Secondo la Kabbalah, scintille di anime che devono operare un tikkun (=riparazione) si reincarnano negli animali, nei pesci e nei vegetali. Di qui nasce la tradizione che vede i più grandi kabbalisti della storia mangiare carne e pesce di shabbat, in vista di liberare queste scintille.

Secondo l’opinione di Rav Kook, nelle mitzvot legate alla macellazione rituale degli animali e alla rigida separazione fra carne e latticini si cela un insegnamento morale alla quale la Torah intende educarci: il divieto di cuocere un vitello nel latte di sua madre non mira solo a insegnarci a porre una distinzione fra la morte e la vita, ma anche a non essere assassini, crudeli, ipocriti e cinici. In questo senso la Torah ci educa a diventare vegetariani.

Tuttavia siamo molto lontani dalla concezione orientale di adorazione degli animali e dei cicli di reincarnazione: nell’ebraismo non esiste uguaglianza morale fra uomo e animali. La Torah ci presenta una gerarchia all’interno della creazione e un ordine d’importanza.
Malgrado l’attenzione che la Torah riversa agli animali, centro del suo interesse rimane esclusivamente l’uomo: la Torah si interessa all’uomo, parla dell’uomo e comunica con l’uomo. I nostri patriarchi erano pastori erranti nel deserto le cui greggi costituivano la loro principale fonte di sussistenza. I nostri padri nel deserto, stanchi del cibo spirituale che veniva elargito loro attraverso la manna, hanno rivendicato a D’ la pentola della carne che mangiarono in Egitto! Abramo nostro padre non ha esitato a far sgozzare il vitello grasso per sfamare i suoi preziosi ospiti.
Questo spiega il fatto che l’ebraismo, pur considerando il vegetarianesimo come la condizione ideale dell’era messianica, non la impone all’uomo come via da seguire. L’uomo deve raggiungere prima un grande alto livello di misericordia nei confronti del suo prossimo per poi estenderla anche al regno animale.
Il vegetarianesimo è visto come il traguardo che deve susseguirsi a quello già raggiunto della pace instauratasi fra gli uomini.
E’ stato fatto più volte notare che i nazisti amavano molto i cani che usavano per far sbranare gli ebrei, e oggi molti uomini che si definiscono animalisti o vegetariani sono ben lungi dall’aver raggiunto quel rispetto dell’essere umano di cui il vegetarianesimo dovrebbe essere il superamento.
Nella nostra società occidentale spesso si amano più gli animali che gli esseri umani: l’uomo, rifuggendo il difficile confronto che la relazione umana comporta, rivolge la sua attenzione agli animali…
amare una bestia è più facile e più gratificante dell’amare una persona che ci scomoda e rimette in discussione.

Con questo l’ebraismo non vuole affatto scoraggiare coloro che adottano uno stile di vita ecologico e animalista, ma cerca solo di ristabilire un ordine di priorità e importanza.

Secondo il grande Maestro Rav Kook, nell’era messianica l’umanità avrà raggiunto un livello di consapevolezza così elevata che nessuno più si ciberà di carne e, quando l’uomo smetterà di sfruttare il prossimo, recidendo alla radice le cause dell’ingordigia e dell’egosimo, a quel punto l’istinto predatore scomparirà anche dal regno animale, compiendosi così le profezie messianiche che annunciano:


“il lupo dimorerà insieme all’agnello, e la tigre riposerà con il capretto. Vitello, leone e ariete vivranno insieme, e un fanciullo li guiderà.
La mucca e l’orsa pascoleranno insieme, i loro piccoli si raduneranno insieme, e il leone si ciberà di paglia come il bue”
(Is 11,6-8)

 

 

I SACRIFICI NEL TERZO TEMPIO?

 

Soggetto di molte attuali discussioni rabbiniche è il ristabilimento del culto sacrificale all’interno del Terzo Tempio quando verrà ricostruito.

Secondo le correnti ultraortodosse che si rifanno alle più antiche tradizioni dei Maestri, i sacrifici animali hanno un perenne valore espiatorio: l’animale offerto è la vittima sostitutiva che paga il prezzo del peccato commesso dall’uomo.

Secondo Maimonide, o Rambam, e secondo molte altre correnti di pensiero ebraico che a lui s’ispirano, i sacrifici hanno avuto un ruolo pedagogico temporaneo: al tempo in cui furono istituiti da Israele, i sacrifici erano una pratica corrente comune a tutte le popolazioni dell’epoca. Tutti i popoli offrivano sacrifici alle loro divinità per placare la loro ira contro i peccati degli uomini. Gli ebrei erano così attirati a conformarsi agli usi e costumi del loro tempo e spesso andavano ad offrire sacrifici a idoli pagani. Al fine di educare il popolo eletto al puro culto monoteistico, D’ concesse di continuare a comportarsi secondo l’uso comune ma di orientare questa usanza all’Unico D’: D’ ha lasciato dunque sussistere questi sacrifici ma ha chiesto che, invece di esser votati agli idoli, venissero offerti all’Unico D’. Per questo D’ prescrisse che i sacrifici potessero essere offerti in un solo luogo: il Tempio di Gerusalemme.
Secondo Rambam,  questi sacrifici, una volta svolto il loro ruolo educativo, non hanno più ragione d’essere.
Tanto è vero che gli stessi profeti del Tanahk (=Bibbia ebraica) hanno aspramente condannato l’ipocrita sistema sacrificale: ciò che D’ chiede è la giustizia fra gli uomini e non il sangue di animali innocenti.

Che m’importa della moltitudine dei vostri sacrifici? Dice il Signore.
Sono sazio dei vostri sacrifici di arieti, del grasso delle vostre vittime; il sangue dei tori, degli agnelli, dei capri non ne voglio! Voi che venite a presentarvi dinanzi a me, chi vi ha chiesto di calpestare i miei atri? Smettete di offrirmi l’oblazione ipocrita, il vostro incenso ho in orrore: pleniluni, shabbat, sante solennità, non posso più sopportare iniquità e feste. Sì, aborrisco i vostri pleniluni e le vostre solennità, sono diventati un peso per me, non li posso più tollerare! Quando stendete le mani, rivolgo il mio sguardo altrove; accumulate pure le vostre preghiere, resterò sordo ad esse: le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dal mio sguardo l’iniquità delle vostre azioni, smettete di fare il male. Imparate ad agire in bene, ricercate la giustizia, rendete onore all’oppresso, rispettate il diritto dell’orfano, difendete la causa della vedova.

(Is 1, 11- 17)

Secondo Rav Kook, nell’era messianica l’umanità avrà raggiunto un così alto livello di consapevolezza che non sarà più necessario ristabilire il culto sacrificale espiatorio. Malachia profetizza che alla fine dei tempi rimarrà soltanto l’oblazione minhah, cioè l’offerta vegetale da portare al Tempio (Ml 3,4).

 

 

 

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